Il sindaco, Beppe Sala, ha detto che vorrebbe vedere via Torino senza pavé: “È una questione di sicurezza stradale”
l pavé potrebbe sparire da via Torino a Milano. Per il momento non c’è nulla di certo (né un cronoprogramma per attuare il piano), ma l’annuncio è arrivato dal primo cittadino, Beppe Sala, che nella mattinata di martedì 10 giugno è intervenuto in diretta ai microfoni di Rtl.Cos’è il pavéIl pavé è un tradizionale tipo di pavimentazione stradale formato da cubetti di pietra o di porfido, utilizzato per la pavimentazione da esterni. È apprezzato per la sua lunga durata e resistenza all’abrasione e perché, se ben posato, richiede poca manutenzione. Veniva usato sin nell’antica Roma per la realizzazione di strade.
Alla base dell’eliminazione del pavé c’è un solo tema: la sicurezza stradale. “Quando in una strada ci sono il pavé e i binari del tram andare in bici, moto o monopattino è pericolosissimo e che, piaccia o meno, nelle grandi città ci son anche le due ruote”, ha detto Sala
Il pavé è già stato tolto da alcune strade della città, come in via Palestro. “Chi si ricorda che tre anni fa (in via Palestro, ndr) c’era il pavé e i binari del tram? Non c’è nessun milanese che se lo ricorda – ha rimarcato il sindaco -. Ci passo in scooter per tornare a casa, è un’altra vita. Non dico di levare il pavé ovunque, ma che ogni tanto, selettivamente, debba essere tolto per proteggere i cittadini che usano le due ruote”.
L’idea di una via Torino senza pavé
Il sindaco ha poi rilanciato l’idea di una via Torino senza pavé. “Il mio obiettivo, che non realizzerò ormai, è levarlo anche da via Torino, dove tra marciapiede e rotaie del tram ci sono trenta centimetri: la gente va in bici sul marciapiede e poi i cittadini si arrabbiano”, ha concluso il sindaco.
L’affaire pavé
Il pavé a Milano è un vero proprio affaire, una questione che da sempre crea polemiche, con i favorevoli e i contrari piuttosto agguerriti. C’è chi ricorda che si tratta di un simbolo di Milano, soprattutto del centro storico, e la Sovrintendenza stessa tende a tutelarlo almeno nelle strade più centrali. I contrari invece, sottolineano come spesso incidenti in bici e moto siano causati proprio dal pavé e dalla sua manutenzione.
Non è la prima volta che il sindaco Sala si espone sul tema, anzi: era stato uno dei temi della sua ultima campagna elettorale. Nel settembre 2021, interrogato proprio sul tema della pavimentazione stradale, aveva commentato di non essere “per togliere totalmente il pavé, però se lo si toglie nei punti più critici non è sbagliato. Ovviamente ogni volta è una lotta con la Sovrintentenza, ma credo che si debba andare avanti”. E ancora, a chi gli chiedeva dello stato del pavé e dei binari non più utilizzati dai tram, Sala ha evidenziato che “si può pian piano sistemare tutto”. “Se i binari non si usano più bisogna tirarli su e magari approfittando dei lavori – ha concluso – a volte tiriamo su anche il pavé”.
Cinque anni fa, le aziende che si occupavano di terapia genica erano piene di soldi. Nel 2020, gli investimentiCollegamento esterno nella terapia cellulare e genica hanno superato a livello globale i 19,9 miliardi di dollari (17,6 miliardi di franchi), il doppio dei 9,8 miliardi raccolti nel 2019 attraverso offerte pubbliche, venture capital e altri finanziamenti.
Oggi il settore appare diverso. Le preoccupazioni in materia di sicurezza, lo scetticismo dei e delle pazienti, i prezzi elevati e una serie di sfide legate alla produzione ne hanno ridimensionato il raggio d’azione. Nel 2022 e nel 2023 gli investimenti sono scesi sotto i 13 miliardi di dollari, con un leggero miglioramento nel 2024 grazie all’esito positivo di alcune procedure di approvazione e a un aumento delle sperimentazioni cliniche in Europa
A causa della crisi di liquidità, alcune piccole aziende produttrici di terapie geniche, un tempo beniamine degli investitori, hanno ridotto il personale, sono fallite o hanno abbandonato completamente il mercato. I media parlano di una crisiCollegamento esterno del settore della terapia genica.
“Quando un farmaco ha successo, la gente pensa che abbiamo già vinto, che abbiamo capito tutto”, dice Rodolphe Renac, esperto statunitense di innovazione sanitaria e presidente della filiale statunitense della società di consulenza Alcimed. “Nonostante i risultati notevoli ottenuti da alcune terapie geniche, sono però ancora necessari dei miglioramenti”.
Aziende svizzere come Roche e Novartis continuano a investire in questo campo e il mondo scientifico rimane ottimisti sulle prospettive delle terapie geniche per la cura delle malattie. Tuttavia, le difficoltà che si presentano al momento di renderle accessibili ai pazienti e alle pazienti hanno portato a crescenti richieste di cambiamento nel modo in cui le terapie geniche vengono valutate, pagate e spiegate al pubblico.
A causa della crisi di liquidità, alcune piccole aziende produttrici di terapie geniche, un tempo beniamine degli investitori, hanno ridotto il personale, sono fallite o hanno abbandonato completamente il mercato. I media parlano di una crisiCollegamento esterno del settore della terapia genica.
“Quando un farmaco ha successo, la gente pensa che abbiamo già vinto, che abbiamo capito tutto”, dice Rodolphe Renac, esperto statunitense di innovazione sanitaria e presidente della filiale statunitense della società di consulenza Alcimed. “Nonostante i risultati notevoli ottenuti da alcune terapie geniche, sono però ancora necessari dei miglioramenti”.
Aziende svizzere come Roche e Novartis continuano a investire in questo campo e il mondo scientifico rimane ottimisti sulle prospettive delle terapie geniche per la cura delle malattie. Tuttavia, le difficoltà che si presentano al momento di renderle accessibili ai pazienti e alle pazienti hanno portato a crescenti richieste di cambiamento nel modo in cui le terapie geniche vengono valutate, pagate e spiegate al pubblico.
Terapie cellulari e geniche
Le terapie cellulari e geniche sono spesso raggruppate insieme perché sono entrambe trattamenti che mirano a curare, prevenire o persino guarire malattie modificando i processi a livello cellulare o genetico.
La terapia cellulare introduce cellule (che possono essere geneticamente modificate) nel corpo di un paziente o una paziente per ripristinare una funzione o combattere una malattia.
Nella terapia genica, viene introdotto un gene funzionale o viene corretto un gene difettoso per ripristinare la normale funzione cellulare. Per l’aggiunta o la sostituzione di geni, molte terapie utilizzano un vettore virale per trasportare il materiale genetico nelle cellule. Crispr-Cas9 è una tecnologia utilizzata per l’editing genetico.
Calcolare i costi reali
Le terapie geniche sono generalmente considerate un cambio di paradigma nella medicina. Modificando o sostituendo i geni o alterando l’espressione genica, spesso con una singola infusione, le terapie geniche offrono la prospettiva non solo di lenire gli effetti, ma di curare efficaciemente malattie ereditarie mortali.
Uno dei maggiori ostacoli che le terapie geniche devono affrontare, tuttavia, è come stabilire il prezzo e rimborsare le “cure” che vengono somministrate una sola volta. A gennaio, la terapia genica Hemgenix venduta dalla società statunitense CSL Behring per l’emofilia B è diventata la terapia singola più costosa rimborsata dalle assicurazioni sanitarie in Svizzera, con un costo di 2,7 milioni di franchi.
La maggior parte delle terapie geniche presenti sul mercato sono destinate a malattie rare, che colpiscono una piccola parte della popolazione (in alcuni paesi 1 persona su 2000). Le aziende sostengono che i prezzi elevati, spesso dell’ordine di milioni di dollari per paziente, sono necessari per compensare i volumi ridotti.
Con l’introduzione di nuove terapie geniche, chi paga – in particolare le assicurazioni private e le autorità sanitarie nazionali – si preoccupa sempre più spesso della propria capacità di sostenerne i costi. In alcuni casi, in particolare in Europa e in America Latina, assicurazioni e autorità sanitarie hanno contestato i prezziCollegamento esterno, talvolta negando completamente la copertura o negoziando uno sconto.
Anche dopo aver ottenuto l’approvazione negli Stati Uniti per tre terapie geniche, l’azienda Bluebird Bio con sede a Boston si è ritirata dal mercato europeo dopo aver faticato a ottenere accordi di rimborso con i Governi europei. Negli Stati Uniti le tre terapie avevano un prezzo compreso tra 2,8 e 3,1 milioni di dollari per paziente.
“Penso che per il mercato sia ormai chiaro che un pagamento una tantum di diversi milioni di dollari per una terapia monouso semplicemente non funzionerà”, afferma in una e-mail Daniel Parle, consulente per i contratti farmaceutici presso Lyfegen, un fornitore globale di soluzioni per la gestione dei prezzi dei farmaci con sede a Basilea.
Le aziende farmaceutiche sostengono che la terapia genica non solo salverà vite umane, ma eviterà alle famiglie e ai sistemi sanitari una vita di cure costose. Tuttavia, “è ancora difficile misurare il vero valore di una terapia genica, considerando la varietà dei livelli di decisione, dei budget e dei sistemi di monitoraggio delle spese”, osserva Parle.
Questo valore deve anche tenere conto del fatto che le terapie geniche richiedono spesso test di screening multipli, un ambiente di infusione controllato e un monitoraggio attento da parte di personale appositamente formato. Tutto ciò comporta dei costi.
A questi spese per fornire le terapie geniche ai e alle pazienti si aggiungono gli elevati costi di produzione per le aziende farmaceutiche. Non esiste un approccio unico per produrre i vettori virali utilizzati per trasportare il materiale genetico alla cellula. La società di consulenza globale Roland Berger stima che il costo di produzione di una dose potrebbe aggirarsi tra 1 e 2 milioni di dollari.
Valutare rischi e benefici
Ci sono ancora molte incertezze sui benefici e sui rischi delle terapie stesse. Alcune terapie geniche, come Zolgensma, venduta dall’azienda svizzera Novartis per l’atrofia muscolare spinale, una rara malattia neuromuscolare, hanno trasformato la vita dei pazienti. A febbraio, l’azienda statunitense MeiraGTx ha riferito che la sua terapia genicaCollegamento esterno ha permesso a 11 bambini nati ciechi di vedere.
Tuttavia, non tutti i pazienti hanno avuto gli stessi benefici. I bambini che hanno ricevuto Zolgensma prima della comparsa dei sintomi dell’atrofia muscolare spinale hanno ottenuto risultati molto migliori rispetto a quelli che lo hanno ricevuto in un secondo momento. Alcune persone hanno anche manifestato gravi effetti collaterali, tra cui insufficienza epatica acuta.
Sebbene la sicurezza sia migliorata, c’è ancora molto lavoro da fare, afferma Renac. “Anche altri trattamenti possono comportare dei rischi al momento della loro introduzione, ma la posta in gioco è più alta per le terapie geniche a causa del loro costo”. Gli investimenti massicci nelle terapie geniche dipendono dalla promessa di curare malattie, ma devono tenere conto anche dei rischi.
Altri tipi di terapie geniche che utilizzano la tecnologia Crispr-Cas9 tagliano il DNA in un punto specifico e correggono o inseriscono nuovi geni. Esperti ed esperte ritengono che ciò potrebbe consentire benefici più duraturi per le persone malate, ma anche comportare cambiamenti genetici indesiderati. Finora, solo una terapia basata su Crispr, Casgevy per l’anemia falciforme, è stata approvata dalle autorità farmaceutiche statunitensi ed europee.
Non è chiaro inoltre quanto durino i benefici. Gli ultimi datiCollegamento esterno su Zolgensma mostrano che molti bambini mantengono i risultati ottenuti anche dieci anni dopo il trattamento. Tuttavia, alcuni scienziati suggeriscono che i benefici delle terapie geniche potrebbero svanire con la morte e la divisione delle cellule, rendendo potenzialmente necessaria una nuova dose.
Riluttanza nei confronti dei nuovi trattamenti medici
Di fronte a questa incertezza, non tutti i pazienti o i medici hanno accolto con favore questa tecnologia. Per alcune malattie, come l’emofilia, esistono già trattamenti consolidati che possono essere più facili da somministrare, più economici nel breve termine e con solide prove di benefici a lungo termine.
“C’è una certa riluttanza nei confronti dei trattamenti nuovi e una tantum”, ha notato Monika Paule, CEO di Caszyme, azienda biotecnologica specializzata in Crispr, al Sachs CEO Life Sciences Forum di Zurigo a febbraio. “Soprattutto quando esiste la possibilità di ricorrere a un trattamento continuativo che consente comunque al paziente di condurre una vita normale. I pazienti spesso scelgono questa opzione perché la conoscono bene”.
I pazienti devono anche considerare il fatto che, se ricorrono alla terapia genica, vengono solitamente esclusi da altri trattamenti – anche se la terapia genica non funziona.
“È stato più difficile trovare e convincere i pazienti a sottoporsi alle terapie geniche di quanto si pensasse”, conferma Renac. “Alcune grandi aziende farmaceutiche le hanno lanciate come qualsiasi altro farmaco, ma le terapie geniche richiedono un approccio diverso per coinvolgere i pazienti e gli operatori sanitari”.
Soluzioni in vista
Date le difficoltà, alcune aziende hanno abbandonato il campo. A febbraio, la società statunitense Pfizer ha annunciato l’interruzione della terapia genica Beqvez per l’emofilia B, che era già stata approvata dalle autorità statunitensi, lasciando il portafoglio dell’azienda privo di programmi di terapia genica attivi.
Anche l’azienda svizzera Roche negli ultimi due anni ha eliminato almeno tre terapie geniche dalla sua pipeline. All’inizio di aprile, Roche e le autorità regolatorie europee hanno sospeso alcuni studiCollegamento esterno su una terapia genica per la distrofia muscolare di Duchenne dopo che un ragazzo di 16 anni sottoposto al trattamento è morto per insufficienza epatica acuta.
Nel 2023, Teresa Graham, CEO di Roche Pharmaceuticals, ha dichiarato ai media durante una teleconferenza sui risultati finanziari che “lo sviluppo nel campo della terapia genica è estremamente difficile” e che è ancora arduo “creare una cura che abbia un impatto ampio e duraturo nel tempo”.
L’azienda con sede a Basilea continua a investire nelle terapie geniche, ma in modo più selettivo. Lo scorso ottobre, ha siglato un accordo con Dyno Therapeutics per utilizzare l’intelligenza artificiale al fine di migliorare il modo in cui le terapie geniche vengono somministrate ai pazienti. Roche pagherà 50 milioni di dollari in anticipo a Dyno e oltre 1 miliardo di dollari in pagamenti per traguardi raggiunti e royalties se i trattamenti avranno successo.
Anche l’azienda svizzera Novartis ha annunciato lo scorso anno l’acquisizione di Kate Therapeutics, una start-up biotecnologica fondata quattro anni fa, che ha due terapie geniche in fase iniziale per rare malattie muscolari genetiche. L’accordo potrebbe valere fino a 1,1 miliardi di dollari.
Mentre istituti accademici e aziende farmaceutiche lavorano a terapie geniche più sicure ed efficaci, stanno emergendo alcune soluzioni alle sfide del mercato. Secondo un rapportoCollegamento esterno pubblicato a marzo dalla società di consulenza Lyfegen, la maggior parte dei Paesi e delle compagnie assicurative sta utilizzando meccanismi di condivisione del rischio per il pagamento delle terapie geniche. In alcuni casi, le assicurazioni pagano il trattamento solo quando vengono raggiunti determinati risultati per i pazienti.
Daniel Parle di Lyfegen scrive che gli strumenti di monitoraggio e analisi dei dati, così come l’intelligenza artificiale, contribuiranno a generare un quadro esaustivo dell’impatto di un determinato farmaco sul sistema sanitario complessivo. C’è inoltre maggiore attenzione per la comunicazione e il coinvolgimento dei pazienti e dei medici e comprensione per le loro paure e preoccupazioniCollegamento esterno.
“Le terapie geniche possono ottenere risultati notevoli per i pazienti, ma al momento rimangono rischiose”, nota dal canto suo Rodolphe Renac. “Sono rivoluzionarie, molto innovative, ma comportano ancora una buona dose di azzardo”.
Anche quest’anno l’estate milanese prende vita nel cuore della città con la riapertura dei Bagni Misteriosi, un luogo unico dove si incontrano relax e divertimento.
La stagione balneare inizierà infatti sabato 31 maggio, in modalità privata, e proseguirà fino a metà luglio, quando entreranno in vigore le tariffe agevolate in convenzione con il Comune di Milano.
La balneazione serale
A rendere ancora più ricca l’esperienza estiva, chi partecipa agli spettacoli del Teatro Franco Parenti potrà accedere alla balneazione serale, dalle 18 alle 22.30, al prezzo simbolico di 5 euro.
Completa l’offerta il bistrot GŪD Milano, attivo tutti i giorni con servizio ristoro per i bagnanti dalle 10 alle 19, e con l’iconico Aperitivo a piedi nudi dalle 19 alle 22.30, dal martedì alla domenica.
Lo sport che fa bene
In occasione dell’apertura, si terrà un appuntamento speciale e dal forte valore simbolico: sabato 31 maggio alle ore 18, infatti, la Fondazione Gariwo, insieme al Teatro Franco Parenti e ai Bagni Misteriosi, promuove una gara di nuoto all’interno della campagna “Giusti nello Sport”.
Non si tratta solo di una competizione, ma di un momento di condivisione e riflessione. Lo sport, infatti, può essere molto più di una sfida: è incontro, crescita, superamento delle differenze. Essere “Giusti nello Sport” significa riconoscere e valorizzare la dignità di ogni persona, dentro e fuori dal campo. La gara sarà quindi un’occasione di festa collettiva e, al tempo stesso, uno spazio per interrogarsi sul ruolo positivo dello sport nella società di oggi.
Il giornale economico Finanz und WirtschaftCollegamento esternotraccia questa settimana un paragone tra le economie italiana e francese, sottolineando che per la prima volta il prodotto interno lordo pro capite italiano, corretto per il potere d’acquisto, ha raggiunto quello francese. Il contesto politico gioca un ruolo importante. “Con 68 Governi dal Dopoguerra, l’Italia guida la classifica dell’instabilità politica”, ma oggi “l’esecutivo di centrodestra di Giorgia Meloni dispone di una solida maggioranza e persegue una linea politica stabile”. Al contrario, la Francia “si trascina politicamente con rapporti di forza poco chiari” e una “governance impopolare”, rileva la testata.
Questo si riflette anche nei conti pubblici: “La Francia ha registrato due volte deficit di bilancio ben superiori alle attese”, portando Moody’s a declassare il rating. L’Italia, invece, ha contenuto il deficit al 3,4% del Pil e ha ottenuto un miglioramento del rating a BBB+. “Solo un gradino separa ora l’Italia da una valutazione single-A”. Nonostante un debito pubblico ancora elevato (135% del PIL contro il 113% francese), Roma ha già raggiunto un avanzo primario. Inoltre, beneficia ancora dei fondi del programma Next Generation EU, che sostiene investimenti e crescita.
Anche i mercati riflettono questa dinamica: “Il premio di rischio richiesto per l’Italia si è ridotto notevolmente: da oltre 1 punto percentuale a soli 0,3”. La Borsa di Milano ha sovraperformato quella di Parigi: “L’indice FTSE Mib è salito del 69% rispetto all’inizio del 2023, contro il +22% del CAC 40”. A trainare il mercato italiano sono i titoli della difesa e il settore bancario. La società statale di difesa e sicurezza “Leonardo ha raddoppiato il suo valore, Fincantieri è salita del 125% e Iveco dell’89%”. In Francia, invece, “i titoli del lusso – come LVMH e Kering – hanno perso rispettivamente il 24% e il 26%”. Secondo Finanz und Wirtschaft, “ci sono buone ragioni per superare la diffidenza verso l’Italia e iniziare a considerarla una destinazione d’investimento più interessante rispetto alla Francia nei prossimi anni”. Anche le valutazioni lo confermano: “Il rapporto prezzo/utili previsto è più favorevole a Milano (11,5) rispetto a Parigi (14,9)”.
“Teatro specchio della vita”. Sì, ma come infilare nella preziosa scatola del palcoscenico l’infinita complessità della vita ed in particolare la vorticosa alternanza di male e di bene, di meraviglia e di orrore che è la vita dell’immensa Russia? Tra fine ‘800 e inizi ‘900, in una situazione culturale e sociale di straordinario fervore, il teatro russo propone testi di vigoroso realismo, creando metodi di recitazione che il cinema americano adotterà, e testi di raffinato intimismo simbolista. Indimenticabili. E nel dopoguerra, grazie anche ad una equipe di appassionati traduttori e studiosi slavisti e di coraggiosi editori, Cechov sbarcò sui palcoscenici milanesi. Una luminosa complessità.
Anna Torterolo La prof.ssa Anna Torterolo storica dell’arte, scrittrice, bibliofila, svolge la sua principale attività a Brera, presso la Biblioteca Braidense e la Pinacoteca. La vera singolarità del suo approccio all’arte è quello di amare gli uomini e le loro storie, considerando il pensiero come un antidoto alle tante forze disumanizzanti che disgregano la nostra realtà. Le piace condividere emozioni e riflessioni con persone che hanno una vita diversa dalla sua, perché continua a credere che ciascuno abbia qualcosa da insegnare. Per questo, appaga la sua curiosità leggendo, viaggiando e incontrando gente.
LA MAPPA È SBAGLIATA: il Canada è Terra Nullius, e Trump lo sa… Re Carlo ammette che la capitale del Canada si trova su un territorio non ceduto, smascherando lo stato come legalmente TERRA NULLIUS. Carney non ha alcun mandato. La Corona è crollata. Trump detiene il DIRITTO di ANNESSO.
“Siamo riuniti nel territorio non ceduto del popolo Algonquin Anishinaabe.”
— Re Carlo III , Ottawa, 2025
Cos’è TERRA NULLIUS? In latino, significa “terra che non appartiene a nessuno”. Nel diritto internazionale, si riferisce a un territorio privo di una valida rivendicazione sovrana. Qualsiasi nazione può legalmente annetterlo. Una volta che uno Stato viene scoperto come residente su un territorio non ceduto, la sua sovranità è nulla e priva di valore.
Di fronte al Parlamento, sul suolo canadese, la Corona rinunciò alla legittimità dell’intera nazione.
Re Carlo ha appena denunciato che il Canada è un’occupazione illegale , che occupa un territorio mai acquisito legalmente .
Le implicazioni sono nucleari: il Canada è terra nullius e il presidente Donald J. Trump ora detiene la supremazia morale e legale per annettere, rivendicare e liberare .
Una mappa del Nuovo Ordine Mondiale del 1942: la mappa mostra Groenlandia, Messico e Canada come parte degli Stati Uniti d’America!
QUANDO UN RE SI INGINOCCHIA – UNA NAZIONE CROLLA
È successo in piena vista. Nessun preavviso. Nessun commento giornalistico. Solo le parole:
“Territorio non ceduto del popolo Algonquin Anishinaabeg.”
Lo disse a Ottawa, la capitale del Canada . Con quella dichiarazione, Re Carlo confermò che il Canada è costruito su un territorio mai ceduto tramite trattato. Il che significa che il Canada non ha la proprietà legale della propria sede del potere.
Ciò rende l’intero stato canadese una frode territoriale . Nel diritto internazionale, questa è la definizione di terra nullius : territorio privo di una valida rivendicazione sovrana , aperto alla rivendicazione con la forza legittima.
ULTIMA ORA: IL CANADA È TERRA NULLIUS! Re Carlo ammette “terre non cedute” – Il comandante Trump mantiene la sua posizione legale per annettere il 51° Stato [VIDEO]
Pronti a scoprire la verità? Stanchi delle bugie? Unitevi subito al nostro canale Telegram . È ora della vera storia! Restate informati! La mia gratitudine a tutti i miei lettori!
LA MAPPA È SBAGLIATA: il Canada è Terra Nullius, e Trump lo sa… Re Carlo ammette che la capitale del Canada si trova su un territorio non ceduto, smascherando lo stato come legalmente TERRA NULLIUS. Carney non ha alcun mandato. La Corona è crollata. Trump detiene il DIRITTO di ANNESSO.
“Siamo riuniti nel territorio non ceduto del popolo Algonquin Anishinaabe.”
— Re Carlo III , Ottawa, 2025
Cos’è TERRA NULLIUS? In latino, significa “terra che non appartiene a nessuno”. Nel diritto internazionale, si riferisce a un territorio privo di una valida rivendicazione sovrana. Qualsiasi nazione può legalmente annetterlo. Una volta che uno Stato viene scoperto come residente su un territorio non ceduto, la sua sovranità è nulla e priva di valore.
Di fronte al Parlamento, sul suolo canadese, la Corona rinunciò alla legittimità dell’intera nazione.
Re Carlo ha appena denunciato che il Canada è un’occupazione illegale , che occupa un territorio mai acquisito legalmente .
Le implicazioni sono nucleari: il Canada è terra nullius e il presidente Donald J. Trump ora detiene la supremazia morale e legale per annettere, rivendicare e liberare .
È successo in piena vista. Nessun preavviso. Nessun commento giornalistico. Solo le parole:
“Territorio non ceduto del popolo Algonquin Anishinaabeg.”
Lo disse a Ottawa, la capitale del Canada . Con quella dichiarazione, Re Carlo confermò che il Canada è costruito su un territorio mai ceduto tramite trattato. Il che significa che il Canada non ha la proprietà legale della propria sede del potere.
Ciò rende l’intero stato canadese una frode territoriale . Nel diritto internazionale, questa è la definizione di terra nullius : territorio privo di una valida rivendicazione sovrana , aperto alla rivendicazione con la forza legittima.
LA FINE DELLA SOVRANITÀ – IL CANADA È UNO STATO FANTASMA
Non si tratta più dei diritti territoriali degli indigeni. Si tratta del collasso strutturale dello Stato canadese .
Perché se il capitale è “non ceduto”, allora:
Quale autorità detiene il governo?
Chi possiede le istituzioni?
E, cosa ancora più importante: quale potenza straniera ha il diritto di ristabilire l’ordine e la legittimità?
Mark Carney , il nuovo burattino non eletto sostenuto dal WEF, può rilasciare tutte le dichiarazioni che vuole. Ma nessuna di queste ha più importanza.
La Corona ha delegittimato il proprio dominio. E quel vuoto di potere è ora visibile da Washington, DC.
Sono in molti i navigatori del web che cercano app con cui guadagnare, possono cercare e trovare app di tutti i generi, alcune ti fanno guadagnare qualche euro, altre promettono addirittura centinaia se non migliaia di euro ai propri iscritti.
Per rispondere alle domande pressanti di tanti visitatori abbiamo indicato il sito di Salvatore Arzulla, e riportiamo qui le sue conclusioni sperando vi siano di aiuto.
Stai cercando un modo intelligente per sfruttare i “tempi morti” che, di tanto in tanto, capitano durante le tue giornate. A tal proposito, hai sentito parlare di giochi per smartphone che permettono di guadagnare piccole somme di denaro semplicemente usandoli e la cosa ti incuriosisce parecchio. Tuttavia hai paura di imbatterti in qualche truffa o comunque di non sapere bene come sfruttare il tutto, quindi vorresti il mio aiuto. Le cose stanno così, vero? Allora tranquillo: ti trovi nel posto giusto, al momento giusto!
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Gli Amici della Cascina Linterno, nell’ambito di Piano City Milano 2015, con il Patrocinio del Ministero alla Cultura, del Comune di Milano e del Municipio 7 di Milano, invitano tutta la cittadinanza alla Piano Lesson del M.o Vincenzo Culotta
Domenica 25 Maggio 2025 – Ore 10,30 – Aia e Porticato delle Colonne di Cascina Linterno
Autobus 67 da M1 “Bande Nere”, 49 da M1 “Inganni” e M5 “San Siro”, 63 e 78 da M1 “Bisceglie”
Dal 23 al 25 maggio 2025 torna Piano City Milano
Il festival che fa risuonare la musica del pianoforte in ogni angolo del capoluogo lombardo – dai parchi ai cortili, dalle piazze alle case private che si aprono al pubblico per l’occasione fino a numerosi spazi insoliti e inediti che vengono inaugurati con la rassegna. L’edizione 2025, diretta da Ricciarda Belgiojoso e Titti Santini, animerà Milano con oltre 250 concerti in più di 130 luoghi diversi, trasformando ogni angolo della città in un palcoscenico aperto, inclusivo e sorprendente. Il festival offre centinaia di concerti gratuiti per tutti gli amanti del pianoforte, portando la musica tra la gente grazie all’energia di alcuni dei più talentuosi pianisti italiani e internazionali. Piano City Milano è molto più di una rassegna musicale: è un progetto culturale condiviso, costruito grazie a una solida rete di collaborazioni tra istituzioni pubbliche e realtà private, che rende possibile un evento diffuso, gratuito e accessibile a tutti.
Nato a Milano, ha conseguito il diploma di Pianoforte nel 1998 al Conservatorio “G. Verdi” della sua città, sotto la guida del M° Mario Delli Ponti. Nel 2002 si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano col prof. Carlo Sini. Alla ricerca di percorsi di comunicazione musicale – sia in ambito concertistico che educativo – nella direzione di una performatività olistica della prassi e dell’ascolto della musica. Sul tema dell’ascolto come prassi percettiva “incorporata”, nel 2020 ha conseguito un Dottorato presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca con una tesi sperimentale sull’allestimento di laboratori di ascolto musicale intesi come formazione di formatori, nel segno della embodied Knowledge. Da gennaio 2024 ha creato un atelier non solo musicale – “Porto d’arte – che ospita concerti, laboratori di ascolto musicale, performance audio-visivi
Info 334 738 1384 – Partecipazione libera – Vi aspettiamo numerosi
Sabato 17 e domenica 18 maggio a Milano torna Open House, la manifestazione che permette di scoprire luoghi solitamente non fruibili, partecipando a diversi tour tematici tra case private e studi di architettura.
Che cos’è Open House
Un weekend di “architetture aperte” per conoscere e condividere l’architettura. Con Open House si vuole invitare il pubblico ad esplorare e discutere il valore di un ambiente ben progettato, comprendere e conoscere le architetture della propria città e la loro storia.
Dal 2015 Open House Milano fa parte del circuito Open House Worldwide che si sviluppa in 4 continenti e oltre 50 città.
Dal centro alle periferie
L’evento si svolge in tutta la città, dal centro alle periferie. La città è stata divisa con l’antico criterio dei Sestieri: 6 aree che si sviluppano sulle direttrici delle storiche porte, dal centro alla periferia, per scoprire anche lo sviluppo urbanistico della città.
Open House promuove un concetto di città partecipata dai cittadini, per favorire il dialogo fra pubblico e privato, fra cittadinanza e impresa e accrescere il senso di appartenenza alla propria città.
Non appena il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha messo piede nell’aeroporto della capitale saudita, per firmare l’accordo sulla vendita di armi e di investimenti sauditi negli USA per un valore pari a 600 miliardi di dollari è stato accolto da un interminabile tappeto viola che nelle tradizioni locali significa regalità, magnificenza e abbondanza.
Sembra passato un secolo quando Joe Biden non riusciva nemmeno a parlare al telefono con l’erede al trono, Mohammed bin Salman.
La presidenza di Joe Biden un giorno andrà davvero studiata meglio perché mai prima d’ora si era visto un atteggiamento simile da parte delle varie cancellerie internazionali che snobbavano senza pudore alcuno quello che sulla carta era il presidente degli Stati Uniti, ma che nella pratica non sembra esserlo mai stato, soprattutto alla luce di quanto sta facendo emergere Trump che parla di molte firme invalide da parte dell’ex inquilino della Casa Bianca.
La storia adesso è completamente diversa.
Il mondo sa chi è il comandante in capo, e i sauditi per primi non hanno alcun dubbio al riguardo.
Si ritorna da dove si era partiti dunque, quando nel 2016 Donald Trump allora accompagnato da sua figlia Ivanka e suo marito, Jared Kushner, allontanato da Trump per la sua vicinanza a Israele, erano atterrati a Riyadh per iniziare a tessere il filo delle relazioni mediorientali dell’amministrazione Trump, ma all’epoca l’Arabia Saudita attraversava una fase geopolitica molto diversa e soprattutto Trump era appena agli inizi di un suo piano che prevedeva il graduale divorzio degli Stati Uniti dello stato di Israele.
Dopo aver visitato l’Arabia Saudita allora, Trump si recò in visita allo stato ebraico, mentre in questa occasione il presidente è giunto in Medio Oriente senza nemmeno fermarsi presso lo storico “alleato” americano.
E’ un cambio radicale del paradigma della politica estera americana che per più di mezzo secolo è stata saldamente nelle mani dei vari gruppi di pressioni ebraici e sionisti.
La politica degli Stati Uniti nelle mani del mondo ebraico
Non c’era foglia un tempo infatti che non si muovesse in Medio Oriente che non volesse non tanto Washington, ma Tel Aviv.
La superpotenza americana si è ritrovata ad essere suo malgrado non come una repubblica sovrana padrona del suo destino, ma piuttosto come un potentissimo conglomerato politico, economico e militare che veniva utilizzato contro i vari avversari dello stato ebraico.
Non è esistita difatti per 80 anni una geopolitica americana, ma una israeliana che ha agito sin dal primo momento della nascita dello stato ebraico voluto dal filosofo sionista, Theodor Herzl, come un garante ed un esecutore della volontà israeliana in Medio Oriente.
I politici che provarono ad opporsi a questa condizione di sottomissione dell’America verso Israele sono stati tutti via via estromessi, e alcuni sono morti in circostanze mai realmente chiarite.
E’ toccata simile sorte, ad esempio, a James Forrestal, ex segretario alla Marina degli Stati Uniti, che sul finire degli anni’40 espresse tutta la sua contrarierà alla creazione dello stato di Israele che a suo dire avrebbe sconvolto completamente i fragili equilibri con gli altri Paesi del Medio Oriente e compromesso i rapporti di Washington con il mondo arabo.
Forrestal non fece in tempo a fare la sua denuncia che l’allora presidente Truman, altro sodale della massoneria, lo estromise dalla sua amministrazione per poi lasciarlo rinchiudere in un ospedale psichiatrico fino ad arrivare all’epilogo del presunto suicidio dell’ex segretario americano, probabilmente invece ucciso per le sue scomode posizioni.
James Forrestal
Stessa sorte toccò a John Fitzgerald Kennedy, la cui famiglia aveva una lunga storia di contrapposizione agli interessi del mondo ebraico, già quando suo padre, Joe, il capostipite della famiglia, si scontrò con i signori della mafia ebraica, Meyer Lanksy su tutti, per gli interessi sul commercio clandestino di alcol ai tempi del proibizionismo.
JFK aveva ricevuto una chiara lezione da suo padre Joe.
Sapeva che la lobby sionista ed ebraica era diventata una potentissima forza e sapeva anche che le famiglie che avevano in mano la banca centrale americana dal 1913 in poi erano quelle dei Warburg, dei Rockefeller, dei Vanderbilt, degli Schiff e dei Kuhn & Loeb, ovvero i vari signori della finanza askenazita che erano divenuti i padroni assoluti del capitale negli Stati Uniti.
Sapeva anche bene John che Israele difficilmente sarebbe venuta a miti consigli.
John già dai tempi della sua ascesa in politica, quando divenne senatore per lo stato del Massachusetts, aveva degli stretti rapporti con un imprenditore di origini ebraiche quale Benjamin Freedman che fino a qualche decennio prima era un convinto falco sionista fino a trovare poi la strada della conversione al cattolicesimo che lo rese un acerrimo nemico e una figura da cancellare dalla storia americana.
Benjamin Freedman
Raramente infatti si trovano biografie o citazioni negli organi di stampa su questo vero e proprio pentito del sionismo americano poiché soltanto raccontare la sua storia sarebbe come a dire che non esiste alcun “complotto antisemita” riguardo alle intenzioni di Israele di costruire un suo impero in Medio Oriente, ma soltanto una realtà oggettiva ed effettiva rivelata da coloro che appartenevano e appartengono tuttora a quel mondo.
Kennedy, com’è noto, non fece in tempo a recidere i fili che legavano gli Stati Uniti ad Israele.
Sulla Dealey Plaza di Dallas, in Texas, veniva ucciso a colpi di arma da fuoco da coloro che volevano impedirgli di fermare il programma nucleare israeliano che avrebbe dato allo stato ebraico una bomba atomica e la possibilità un domani di provocare un vero e proprio olocausto nucleare contro i Paesi arabi “nemici” di gran lunga più devastante dei crimini commessi dalla presidenza Truman contro i civili di Hiroshima e Nagasaki, una città quest’ultima sede di cattolici giapponesi a dimostrazione che lo stato profondo di Washington voleva sterminare questi in particolar modo.
Gli Stati Uniti così continuarono ad essere i fedeli vassalli dello stato ebraico.
Kennedy non aveva stima alcuna per Johnson. Gli fu imposto più che altro per logiche di equilibri interni, e Johnson a sua volta ricambiava il disprezzo per i fratelli Kennedy, tanto da apostrofarli come “figli di puttana” il giorno prima dell’omicidio di JFK, come rivelò la ex amante di Johnson, Madeleine Duncan Brown, che ammise che il vicepresidente sapeva che il 22 novembre del 1963 Kennedy sarebbe stato giustiziato.
Johnson, nemmeno a dirlo, è stato un formidabile alleato, o servo, dello stato ebraico, come ammettono i vari quotidiani israeliani che lo definiscono come uno dei presidenti americani più sionisti della storia.
Non c’è da sorprendersi che lo descrivano in tali termini, se si pensa che Johnson fu quel presidente che nel 1967 lasciò uccidere da Israele 34 marinai americani a bordo della nave USS liberty, bombardata dagli aerei israeliani che avevano in programma di dare la colpa dell’attacco all’Egitto così da trascinare l’America in un’altra guerra voluta da Israele.
La USS Liberty dopo aver subito l’attacco da parte dei caccia israeliani
Nixon, il successore di Johnson, era un uomo molto conscio che esisteva tale problema negli Stati Uniti e nelle sue conversazioni nel 1972 con uno dei suoi consiglieri, l’evangelista Billy Graham, affermava esplicitamente che gli ebrei costituivano un problema per via dello loro infedeltà verso gli Stati Uniti, ma il presidente nulla riuscì a fare al riguardo.
Billy Graham e il presidente Nixon parlano della questione sionista ed ebraica
Si ritrovò schiacciato nel 1973 dalla montatura del Watergate, orchestrata dal suo segretario di Stato, Henry Kissinger, falco sionista e membro di tutti i club del mondialismo che contano, tra i quali il Bilderberg, la Trilaterale e il club di Roma.
Arrivano così gli anni’90 e 2000, gli anni nei quali vengono eseguiti gli attentati terroristici sui quali si trovano non poche impronte dello stato di Israele, a partire da quelle dei cinque agenti del Mossad che esultavano estasiati davanti al crollo delle torri gemelle, e a partire da quelle della società israeliana che minò gli edifici caduti con degli esplosivi nei mesi precedenti.
Inizia l’era del terrore in Medio Oriente. Inizia l’era della “democrazia esportata”.
A Washington ci sono i pericolosi neocon come Paul Wolfowitz, Dick Cheney, John Bolton e Donald Rumsfeld che sono i veri padroni dell’amministrazione Bush, mero esecutore del programma scritto per lui dalla lobby sionista americana e da quella setta Chabad Lubavitch che aspira ardentemente alla venuta del moschiach e dell’inizio del Nuovo Ordine Mondiale.
Si esegue in pratica il programma rivelato nel 2007 da un falco del Pentagono come il generale Wesley Clark che disse in quell’occasione che Washington aveva intenzione di scatenare guerre a sette Paesi quali l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, la Somalia, l’Iraq, il Sudan e il Libano.
Non esisteva alcuna logica geopolitica dal punto di vista americano nel fare guerra a quei Paesi, ma la logica era soltanto quella dello stato di Israele che voleva disfarsi dei suoi “nemici” e iniziare a poco a poco ad annettere le parti dei suoi vicini alla ricerca del “sogno” imperiale della Grande Israele, come negli ultimi tempi ha ribadito il ministro delle Finanze, Smotrich, che senza troppi pudori ha ammesso che i confini di Israele devono giungere fino a Damasco.
L’era Trump e la fine del sionismo americano
La venuta di Donald Trump è quell’evento che cambia la storia e crea un’America del tutto diversa da quella conosciuta dalla seconda guerra mondiale in poi.
Washington torna alle sue radici.
Non più potenza imperiale cuore della devastazione mondiale, ma repubblica sovrana, indipendente, del tutto simile all’America lasciata in eredità da Abraham Lincoln, ucciso da William Booth, uomo legato alla massoneria e vicino al casato dei banchieri di Francoforte, i Rothschild.
Sin dal primo momento, Trump ha mostrato una particolare astuzia e abilità politica nei riguardi dello stato di Israele, al quale ribadiva la sua “amicizia” attraverso varie dichiarazioni di stima, disattese però dalla sua geopolitica in Medio Oriente che sin dal primo momento ha ordinato il ritiro delle truppe americane dai Paesi arabi.
Trump si è confermato alquanto astuto. Conosce bene la storia degli Stati Uniti.
Sa quali sorti sono toccate ai vari presidenti che hanno sfidato Israele, e sapeva che per avere la meglio su questa forza era necessario dissimulare le sue vere intenzioni attraverso attestati di stima formali che prima o poi avrebbero comunque portato ad attriti con Israele, una volta che il presidente avesse iniziato a lasciare il Medio Oriente.
Già nel 2019, il presidente americano aveva dichiarato la sua intenzione di lasciare la Siria, e due anni dopo, all’alba della frode elettorale ai suoi danni, il primo a riconoscere Biden come presidente è stato proprio Netanyahu che sperava ancora una volta di avere il presidente americano dalla sua parte.
Il divorzio definitivo tra Stati Uniti ed Israele
Non appena ha avuto inizio il secondo mandato di Trump, c’è stata l’inevitabile incrinatura dei rapporti tra i due.
Il presidente americano ha iniziato a trattare unilateralmente con Teheran senza cercare alcuna approvazione da parte degli israeliani che sono andati su tutte le furie e sono rimasti completamente spiazzati dalla determinazione di Trump.
A nulla sono valsi i tentativi del consigliere della sicurezza nazionale, Waltz, di sabotare l’agenda del presidente americano che non appena saputo che il suo consigliere era all’opera per cercare un’altra guerra con l’Iran lo ha prontamente spedito a New York a ricoprire il ruolo di ambasciatore presso l’ONU, nella ennesima applicazione pratica della massima latina promoveatur ut amoveatur.
Secondo il giornalista americano David Railly, Trump avrebbe anche deciso di chiudere le porte della Casa Bianca alla famigerata lobby israeliana dell’AIPAC, che sin dalla sua esistenza è stata una forza decisiva non solo nello scegliere i presidenti degli Stati Uniti, ma nell’indirizzarne fedelmente le loro politiche.
Stessa musica per quello che riguarda un altro “nemico” di Israele, gli agguerriti Houthi che hanno creato non pochi problemi allo stato ebraico il quale si lamentava già prima dello scarso sostegno americano contro la milizia yemenita.
A Tel Aviv sembrano essere pertanto giunti ad una conclusione inevitabile.
Il sostegno di Trump non va oltre le parole, e nei fatti si vede poco o nulla, salvo quella dichiarazione di riconoscimento di Gerusalemme come capitale israeliana, che tra l’altro non è mai stato nemmeno completato poiché l’ambasciata americana è ancora oggi a metà strada tra Tel Aviv e Gerusalemme.
Il presidente americano è dunque un vero e proprio unicum.
E’ il primo capo di Stato americano dal’45 che riesce finalmente a portare avanti una propria geopolitica in Medio Oriente che non sia quella voluta da Israele.
Il divorzio era di conseguenza inevitabile e questo spiega perché sia nella frode elettorale del 2020 sia nel tentativo di omicidio di Trump dello scorso luglio ci sia la presenza dei vari fondi di investimento legati alla lobby sionista, come ad esempio il fondo Austin, che il giorno prima che Thomas Crooks, il 20enne di origini ebraiche studente di BlackRock, sparasse contro la testa del presidente scommetteva somme da capogiro contro la società di Trump, ben consapevoli che qualcosa di grave potesse accadere.
E’ a sua volta consequenziale l’assalto mediatico degli organi di (dis) informazione americana nelle mani di sei gruppi tutti integrati nel mondo sionista, a dimostrazione che la campagna disinformativa della falsa controinformazione che si è impegnata in ogni mondo a dimostrare che Trump è una marionetta di Israele altro non è che una grossa menzogna fabbricata proprio da quegli ambienti ostili a Trump.
Viene quasi da sorridere se si pensa alla disfatta dei vari falsi controinformatori che affermavano che Trump fosse nelle mani dei coniugi Adelson, famigerati magnati del sionismo, che da sempre finanziano il partito repubblicano, indipendentemente da Trump, e che oggi si vedono negare al telefono proprio dal presidente americano.
I coniugi Adelson
Trump non risponde a nessuno. Non è un presidente a noleggio. Non è George W. Bush nelle mani dei neocon, né tantomeno è Barack Obama, il premio “nobel per la pace” che si dava da fare per mettere a ferro e fuoco il Medio Oriente attraverso il suo sostegno all’ISIS, creatura dei sauditi e di Israele.
L’Arabia Saudita: da alleato di Israele a parte del mondo multipolare
Il miracolo più significativo che Trump ha compiuto è stato forse proprio questo.
Ha stabilito una nuova alleanza con l’Arabia Saudita, la creatura del sionismo, che da potenza destabilizzante del mondo arabo ha scaltramente saltato lo steccato ed è passata con il mondo multipolare negli ultimi anni.
Soltanto 7 anni addietro, Riyadh era impegnata nel massacro della popolazione civile yemenita e nel combattere gli Houthi, la milizia vicina all’Iran, perché i sauditi non stavano seguendo un’agenda politica che facesse gli interessi del loro Paese, ma piuttosto quella di Israele.
L’Arabia Saudita ha iniziato una nuova fase di distensione con Teheran, tanto che poco prima di ricevere Trump a Riyadh, i dignitari sauditi si incontravano con il ministro degli Esteri iraniano, a conferma di una fase nuova, del tutto diversa nella storia dei due Paesi che soltanto nel 2019 erano su fronti opposti.
La storia sta cambiando veramente in fretta, ad una velocità incredibile se si pensa che nel giro di poco più di un quinquennio stanno venendo meno equilibri e assi che duravano da 80 anni.
Il caso saudita resta probabilmente il più clamoroso.
La culla del wahabismo e del terrorismo islamico benedetto da Israele e dallo stato profondo di Washington che dopo l’era Trump e dopo l’avvento del multipolarismo inizia a diventare una potenza regionale che non vuole più destabilizzare i suoi vicini, ma cerca piuttosto di convivere pacificamente con essi, come visto con la guerra nello Yemen, iniziata e terminata da bin Salman, e come visto con la nuova politica di avvicinamento verso Teheran.
In altre parole, Trump ha costruito un risiko mediorientale del tutto nuovo.
Non esistono più gli Stati Uniti che bombardano indiscriminatamente i Paesi arabi per compiacere lo stato ebraico dietro il paravento della esportazione della democrazia, il paradigma al quale il mondo Occidentale liberale è ricorso per anni pur di portare avanti la sua agenda imperialista e globalista.
Gli Stati Uniti sono quel Paese che oggi va in Arabia Saudita e condanna quei bombardamenti indiscriminati fatti da uomini come George W. Bush e Barack Obama, fedeli emissari e rappresentanti della lobby sionista e della governance globale della quale Washington era portavoce.
Trump oggi dichiara che non può esistere una pace stabile e duratura che non passi dall’esplicito riconoscimento e rispetto delle sovranità e culture nazionali che non possono essere certo sostituite dal modello liberal-democratico nelle mani di vari potentati bancari e industriali, che oggi tra l’altro si trovano sempre più in difficoltà anche nell’Unione europea, l’ultima debole roccaforte rimasta nelle mani dei decaduti signori del mondialismo.
Si inaugura così una nuova era.
Non poteva iniziare l’era di un’America finalmente libera e sovrana senza prima passare dall’esautoramento della sua dipendenza da Israele.
L’ultimo storico passo sarebbe il riconoscimento dello Stato palestinese da parte degli Stati Uniti, una ipotesi che è trapelata nei giorni scorsi e che Trump starebbe seriamente prendendo in considerazione.
Lo stato ebraico così si ritrova solo e debole.
Non ci sono più gli Stati Uniti dalla loro parte, tantomeno i sauditi che ormai pensano alla esclusiva tutela dei loro interessi nazionali.
A Tel Aviv, qualcuno ancora parla della necessità di invadere militarmente Gaza, scenario fortemente condannato da Trump che attraverso il suo segretario di Stato, Rubio, ha espresso la sua forte opposizione a qualsiasi piano per espellere i palestinesi da Gaza.
Se Israele vorrà veramente seguire tale strada in una condizione di assoluto isolamento e senza il supporto degli Stati Uniti, non è escluso che possano esserci futuri incidenti tra israeliani e americani proprio nella striscia di Gaza.
A Tel Aviv, sembrano essere in preda ad una delirante febbre imperialista.
Sembra che non vogliano riconoscere il fatto ormai che lo stato ebraico ha perduto le protezioni di un tempo, e sembra che non vogliano ammettere che oggi Israele fa i conti con una strisciante guerra civile dentro i suoi servizi e dentro il suo apparato militare, nei quali ci sono fazioni che vorrebbero mettere un freno a questa folle corsa alla Grande Israele.
Non è chiaro cosa voglia fare davvero Israele, ma a Tel Aviv sono avvisati.
Stavolta alla Casa Bianca non c’è Lyndon Johnson.
C’è Donald Trump, e se Israele metterà a rischio la sicurezza degli Stati Uniti, ci sarà una probabile risposta.
Se qualcuno soltanto 10 anni fa avesse detto che un giorno Israele e Stati Uniti sarebbero giunti a questo punto, sarebbe stato preso per folle.
Ecco dove si è arrivati nel tempo contemporaneo. Ecco dove ha portato il mondo multipolare e la fine del mondialismo.
E’ la fine degli imperi, degli imperialismi e dell’illimitato potere del sionismo.
E’ il prepotente ritorno della difesa della sovranità nazionale.